ROMANZO A PUNTATE: THE LOST BONES – Capitolo 6 “Il Killer dei corridoi”

Quel giorno pioveva. Me ne stavo appoggiata al muro in attesa degli altri con l’immagine di quella figura ancora impressa nella mente. Molto probabilmente era il tizio con cui mi ero scontrata in palestra, altrimenti non mi spiego il gesto. Quel gesto…perché minacciarmi in quel modo. Una lampadina si accese di colpo, e se fosse la stessa persona che ci aveva chiusi dentro quella stanza? Inoltre, perché rischiare di far sparire sei ragazzi in una volta sola? Avrebbe potuto ucciderci all’istante, ma ha preferito chiuderci direttamente lì dentro. Forse aveva fretta e non aveva il tempo, essendo uno contro sei ha preferito la via più veloce. Che cosa stava cercando? Sicuramente qualcosa di molto grosso se è arrivato a tanto. Per ora non volevo accennare nulla agli altri di quel che era successo; probabilmente ha riconosciuto solo me dato che in palestra aveva più possibilità di vedermi in volto. Una voce mi destò dai miei pensieri. -Ecco da dove arrivava tutto quel fumo- rise Olivia. -A cosa pensi?-. Io scossi la testa, come per scacciare quelle domande. -A niente, ero semplicemente incantata a guardare il vuoto- mi grattai la guancia. Ottima scusa Zoe. Olivia chiuse l’ombrello. -Iniziamo ad entrare?-. Io annuii seguendola. Ci accomodammo al solito posto. Subito dopo esserci sedute entrò Francesca, le feci segno con la mano. -Fra- la chiamai per attirare la sua attenzione. Appena mi vide si diresse verso di me. -Ciao ragazze, scusate ma con sta pioggia il pullman ci ha messo un sacco- disse sedendosi di fronte a me. -Tranquilla io sono arrivata cinque minuti fa- la informò Olivia. Micheal e Giosuè fecero capolino nel bar. -Ciao ragazze- esclamarono. Entrambi si accomodarono al tavolo. -Prima di uscire ho preso una cosina- disse Micheal frugando nello zaino. Tirò fuori le due pagine del libro e la piantina della scuola poste accuratamente dentro una bustina trasparente. -Ottima idea Mik, ci aiuteranno a capire meglio questa storia- sorrise Francesca. Lui arrossì. Finalmente ci raggiunse anche Hope. -Eccomi ragazzi- annunciò entusiasta sedendosi vicino a me. -Mik ci ha portato una cosa- le sorrisi. -Ohh, che cosa?- ricambiò lei. -Questa- disse Micheal indicando sul tavolo la bustina. -Dopo tutto quel trambusto me le ero scordate- si batté la mano sulla fronte Hope. -Non eri la sola- rise Olivia.

Subito dopo aver ordinato, presi il giornale ponendolo al centro del tavolino. Hope aveva già tirato fuori il suo portatile. -Prima che Mik ci avvertisse del ragno ho letto una data- indicandola sulla pagina. -1987- lesse Giosuè, avvicinando il giornale a sé. -Però il giornale in prima pagina riporta un evento avvenuto nel 1978- sottolineò Olivia.-Inoltre è un giornale che esiste ancora oggi, mio padre lo legge tutte le mattine- disse Francesca. -Allora che c’entra quella data?- domandai. -Si ricordano le vittime di un incidente stradale molto grave, avvenuto il 7 ottobre 1978- lesse Giosuè. -Fammi vedere- gli porsi la mano. -Lui mi passò il giornale. Una volta preso, lessi il contenuto dell’articolo. -In prima pagina dice solo quello che ha letto Giosuè, per leggere tutto l’articolo, però dobbiamo andare a pagina 24-. Iniziai a sfogliare ma qualcosa catturò la mia attenzione. -Allora che dice?- mi domandò Olivia. -Niente… l’articolo è stato tagliato- sospirai mostrando la pagina. -Perfetto un buco nell’acqua- sbuffò Giosuè. Mi appoggiai allo schienale frustrata, chiudendo gli occhi. Tirai un lungo sospiro. Okay Zoe pensa a qualcosa. -Idea!- esclamai riaprendo gli occhi. -Il nostro professore di diritto ci ha fatto leggere degli articoli su questo giornale-. -E quindi?- chiese Olivia. -La redazione ha archiviato online tutti i giornali che sono stati pubblicati, quindi basta andare sul sito e cercare nell’archivio il giorno e la data di questo numero- indicai il giornale. -Procedo immediatamente- disse Hope digitando sul suo portatile. -Ma allora ogni tanto le ascolti le lezioni di diritto- rise Francesca. Io di rimando le feci la linguaccia diventando rossa come un peperone. -Scusate, in che senso?- chiese confuso Giosuè. -Niente, niente- rise Francesca. -Quando sarai più grande ti spiegheremo-. Per fortuna Hope mi salvò da quella situazione. -Trovato!- esclamò contenta. Girò il portatile verso di noi con fare fiero. Sullo schermo apparvero le foto di sette persone, di cui sei ragazzi e un uomo sulla quarantina. Hope fece scorrere la pagina permettendoci di leggere il contenuto dell’articolo. Queste sette persone erano rimaste vittime di un incidente stradale durante una gita scolastica. Il signore sulla quarantina era il professor Giacomo Gorgorne, e i sei ragazzi erano i suoi alunni. L’articolo proseguiva descrivendo le dinamiche dell’incidente. Secondo la polizia i freni smisero di funzionare, per questo il veicolo andò a schiantarsi contro lo spartitraffico provocandone il ribaltamento. La cosa che però attirò la mia attenzione fu la frase finale.

Ancora oggi non ne conosciamo le cause, sarà stata l’ultima opera del killer dei corridoi?”

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Per conoscere meglio la storia del killer dei corridoi i nostri ragazzi contatteranno un detective alquanto bizzarro.

Scoprirete di più nel prossimo capitolo: “un bizzarro detective”

Elisa Battista

ROMANZO A PUNTATE: THE LOST BONES – Capitolo 5 “Trappola per topi”

 

-Come siamo chiusi qua dentro?- esclamai. -La porta non si apre più, è bloccata dall’esterno- sospirò Hope. Francesca prese il braccio di Michael evidentemente impaurita. -Moriremo qui dentro?- tremò lei. -Ehi, nessuno morirà qui dentro! Così come vi ho fatti entrare vi farò uscire- mi diressi verso la porta cercando di aprirla. Era troppo pesante. -Zoe non insistere vediamo se c’è un’altra via d’uscita- disse Hope afferrandomi il braccio. Sospirai frustrata e avanzai all’interno della stanza. Grazie alla poca luce che emettevano i nostri telefoni riuscii ad intravedere i letti alla mia destra e alla mia sinistra. Avanzai nel corridoio in mezzo ad essi contandone dieci, cinque per lato. In fondo alla stanza notai degli armadi e una libreria. Gli altri iniziarono a setacciare la stanza. Aprii un armadio trovandoci dentro medicinali ricoperti di secoli di polvere, sospirai rassegnata e passai al prossimo trovandoci le medesime cose.

Nel terzo, invece, trovai molti giornali, sempre molto impolverati. Ne afferrai uno scuotendolo un po’ in modo da rimuovere la polvere e riuscirne a leggere il contenuto. Dopo aver tossito un paio di volte, analizzai la prima pagina. Notizie di cronaca e politica dominavano l’intera pagina; inoltre era riportato l’anno, 1987. Un urlo alle mie spalle mi fece volare il giornale dallo spavento. -Un ragno!- esclamò Michael. Mi battei la mano sulla fronte pensando alla virilità andata chissà dove. Appena vide l’espressione corrucciata di Francesca, si ricompose e si schiarì la gola. -Attenti c’è un ragno, era un modo per avvisarvi ecco- si passò la mano tra i capelli. Lei inclinò la testa di lato, non del tutto convinta. -Mik aiutami qui- lo afferrai per il braccio trascinandolo via da quella situazione imbarazzante. -Aiutami a spostare i letti- glieli indicai. Iniziammo a spostare qualche letto. -Grazie Zoe- sussurrò lui. -Figurati, se vuoi ti aiuto a rimediare- sorrisi. -Sì grazie, ne ho bisogno- ridacchiò.

Passammo un’ora a rovistare, ma senza successo. Ci sedemmo sfiniti a terra. -Tra mezzora la vicepreside verrà a vedere la situazione, e se non ci trova ci ammazzerà- sospirai appoggiandomi al muro. -Già, se non ci sbrighiamo è la volta buona che ci sospende- borbottò Olivia. -Merda- esclami. Il mio telefono si spense. -Moriremo qui dentro- piagnucolò Michael salutando così gli ultimi rimasugli della sua virilità. Hope si avvicinò a lui. -Calma Mik troveremo una soluzione- gli mise una mano sulla spalla. L’unico che non si era ancora pronunciato sulla situazione era Giosuè. Se ne stava in disparte a rimuginare. -Riprendiamo le ricerche- suggerì Francesca. -Non dobbiamo abbatterci-. Non ascoltai molto il resto del discorso ero impegnata a capire cosa gli passasse per la testa a quel ragazzo. Nella fioca luce emessa dalla sua torcia, intravedevo la fronte corrucciata e il dito che batteva sul suo mento. Si riavvicinò nuovamente alla libreria. Mi alzai e lo raggiunsi. -Tutto bene?- chiesi. Lui annuii con la testa. -E solo che c’è qualcosa di familiare in questa libreria-. Puntò la luce su di essa. In effetti non ci avevamo dato molto peso dato che conteneva solo libri. -Ma certo!- esclamò facendomi sobbalzare. -E’ uguale a una di quelle che c’è nella biblioteca della scuola-. Mi voltai verso gli altri. -Presto buttiamo giù tutti i libri!-. Loro accorsero e iniziammo a tirarli giù.

Ai nostri piedi c’erano pile di libri, mentre di fronte a noi ne rimaneva solo uno. Giosuè si avvicino e fece per prenderlo, ma esso si rivelò tutt’altro che un libro. Di colpo la libreria di fronte a noi iniziò a spostarsi verso destra con un movimento stridulo. Di istinto ci tappammo le orecchie in attesa che quel rumore cessasse. Appena si arrestò Hope si battè la mano sulla fronte. -Raga è il trucco più vecchio del mondo, come abbiamo fatto a non pensarci?-. Scoppiò una risata generale. -Ora sbrighiamoci prima che la vicepreside diventi Hulk-. Gli altri iniziarono ad avviarsi su per le scale. Prima di seguirli raccolsi il giornale che Michael mi aveva fatto volare prima. Sono sicura che leggendolo capiremo qualcosa. -Vieni Zoe o resterai al buio- mi prese la mano Hope.

Quell’infinita scalinata terminò davanti ad un’altra libreria identica a quella precedente. Giosuè tirò il medesimo libro ed essa cigolò leggermente. Con una piccola spinta si aprì e ci ritrovammo nuovamente nella biblioteca. -Zoe è stata inseguita da un pazzo per prendere la mappa quando bastava tirare una leva a forma di libro?- ironizzò Hope. Feci spallucce. -E’ una cosa che capita tutti i giorni, sono abituata- le feci l’occhiolino ridendo. -Almeno ora sappiamo come scappare- puntualizzò Francesca. I due uomini del gruppo richiusero la libreria. -Che ci fa qui questo passaggio? Che senso ha avere più entrate per quel posto?- domandò Olivia. Mostrai il giornale. -Forse questo ci aiuterà-. Lo misi sul tavolo. Prima che potessi riaprirlo fui interrotta nuovamente, ma questa volta da un suono molto familiare, i tacchi della vicepreside. Misi velocemente il giornale nello zaino. Nel giro di pochi minuti varcò la soglia della stanza. Si guardò intorno. -Ottimo lavoro ragazzi, ora potete andare-.

Una volta usciti dalla scuola e percorso il sentiero salutai gli altri. -Appuntamento al solito bar domani?- li guardai. Loro annuirono. Ognuno andò per la propria strada.

Mi incamminai verso la fermata del pullman con la musica nelle orecchie, ripensando all’esperienza che avevamo appena vissuto. Cos’era quel posto? Perché qualcuno voleva chiuderci in quel posto?

Con mille domande che affollavano la mia mente salii sul pullman. Mi accomodai all’ultimo posto vicino alla finestra appoggiandomi a essa. Appena il mio sguardo si rivolse all’esterno, notai dall’altra parte della strada, una figura che indossava un cappotto nero lungo, con il volto coperto da un cappello rovinato con la visiera. Alzò lentamente la mano, coperta da un guanto, ghigliottinandosi la gola con il pollice.

Il pullman partì.

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Che notizie nasconde il giornale?
Chi era quella figura misteriosa?
Scopritelo nel prossimo capitolo: “Il Killer dei corridoi”

Elisa Battista

(ex 5 C, ormai studentessa universitaria)

ROMANZO A PUNTATE: THE LOST BONES – Capitolo 4 “L’inferno in terra”

Cambiai la posizione ai fogli. Adesso il labirinto e la scuola coincidevano in un solo punto, lo spogliatoio femminile.

Ci guardammo, e sapevo che tutti volevamo la stessa cosa. -Chi viene con me?- saltellai elettrizzata. -Io!- risposero in coro. Senza farci vedere dalla bidella, ci dirigemmo verso le scale scendendo al piano seminterrato. Entrammo nello spogliatoio. -Da dove iniziamo e, soprattutto, cosa dovremmo cercare?- si guardò intorno Olivia. -Dividiamoci, è la cosa migliore- suggerì Hope. Ognuno di noi iniziò a cercare in giro. Entrai nel bagno, che non veniva ristrutturato da una vita, iniziando ad esaminarlo. Era molto basso, con un piccolo corridoio stretto e tre porte. Dietro ad esse vi erano le rispettive turche. Non voglio neanche commentarle. Iniziai a tastare le piastrelle, nel tentativo di far attivare qualche strano meccanismo. Aprii l’ultima porta. Passai la mano sulle piastrelle, ma nulla. Guardai la parete dietro la turca. La sua sola vista mi provocò la nausea, ma superai la turca. Continuai a tastare. Sentivo la speranza scivolarmi via. Forse era solo frutto della nostra immaginazione. Forse ci stavamo aggrappando a delle inutili fantasie. Stavo per mollare, per abbandonare quelle fantasie, ma appena toccai l’ultima mattonella capii che, forse, quelle fantasie erano più reali di quanto credevamo. Essa si mosse all’istante. Un rumore assordante invase lo spogliatoio. Accorremmo tutti nel piccolo corridoio del bagno. La parete in fondo ad esso si stava aprendo. Un tunnel buio si estendeva davanti a noi. Quelle scale non promettevano nulla di buono… -Sono delle normalissime scale che sembrano condurre all’inferno, che abbiamo da temere?- commentò sarcastico Giosuè. Guardavo quelle scale pensierosa. Qualcosa mi diceva di scendere, ma non sapevo il perché. Accesi la torcia del telefono iniziando ad addentrarmi nella più totale oscurità. Sentii prendermi la mano, era Francesca. -Non andrai da sola- la strinse. Scostai un po’ la testa e notai che anche gli altri la stavano seguendo. Erano gli amici migliori che potessi avere. Tenendo salda la mano di Francesca, iniziai a condurli verso quello che sembrava l’inferno in terra. L’odore che invase le nostre narici fu simile a quello di una fogna, odore di discarica e di chiuso… mischiati tra loro. Per evitare di ritrovarmi come Voldemort, decisi di coprirmi il naso con la maglietta e limitare i danni.
Non so per quanto tempo scendemmo, ma sembrò un’eternità. La scala terminava in un corridoio che si estendeva da destra a sinistra. -Guardate un pulsante- esclamò Michael con l’entusiasmo di un bambino. Non feci in tempo a dirgli di non toccare che si sentì il “clik”. Quando mi voltai, lui era con l’indice teso a mezz’aria. Feci per rimproverarlo, ma iniziarono ad accedersi delle luci, rivelandoci le uniche due vie che avevamo a disposizione. -E ora? Da che parte andiamo?- domandò Olivia. -Io propongo di dividerci- suggerì Michael. Noi ci voltammo a guardarlo. -Scusa amico i film horror non ti hanno insegnato nulla?- aggrottai la fronte. -Giusto- si grattò la nuca imbarazzato. -Io direi a destra- suggerì Hope. Seguendo il suo consiglio, iniziammo ad addentraci in quel sudicio corridoio. Il nostro cammino fu interrotto da una porta. -Eccoci alla fine- la illuminai. Con il tempo, il ferro si era arrugginito, inoltre la maniglia era ricoperta da uno strato di muffa centenario. -Non mi fido a toccarla- commentò Francesca. Giosuè si fece avanti. -State indietro-. Lentamente indietreggiammo. Lui tirò un potente calcio facendola piegare. Le nostre bocche si piegarono formando una “O”. Ne tirò un altro e quella si aprì. Olivia fu quella più sorpresa. -Da quando hai questi super poteri?-. Giosuè mi guardò per un istante, ma poi distolse subito lo sguardo. -Sarà stata l’adrenalina del momento- rispose con tono piatto. No caro Giosuè, non era l’adrenalina, c’era sotto qualcos’altro. -Fermi tutti, avete sentito?- ci zittì Hope. Ci voltammo verso il corridoio, qualcuno stava correndo nella nostra direzione.
-Nascondiamoci!- esclamai a bassa voce e ci fiondammo oltre la porta, iniziando a correre. Nella fretta, non riuscii a scorgere molti dettagli; una cosa era certa, quella stanza era grande, ma, purtroppo per noi, non era infinita. Vidi un letto e mi ci nascosi sotto, stessa cosa fecero Francesca e Michael, ma con quello davanti a me. Olivia si nascose in un armadietto, mentre Hope trovò rifugio sotto un tavolo. L’unico rimasto scoperto era Giosuè. -Giò, qua sotto- sventolai la mano. Poco prima che l’individuo entrasse, lui si mise a fianco a me. Sentii i passi risuonare nella stanza. L’unica cosa che ci permetteva di avere visibilità era la luce che arrivava dal corridoio. Davanti a me si mostrarono due anfibi neri e l’orlo di un cappotto del medesimo colore. Il mio respirò si arrestò. Lui, o forse lei, fece un piccolo giro, dopo di che uscì portandosi dietro la porta lasciandoci al buio. Pochi istanti dopo sentimmo il suono di qualcosa che veniva trascinato, poi il silenzio… Giosuè accese la torcia del telefono. -Via libera- sgattaiolò fuori. Una volta che le altre torce furono accese, Hope andò verso la porta. -Okay, io direi di andarcene all’istante- rise nervoso Michael. -Mik… ho una brutta notizia…- sospirò Hope. -Non dirmi che…-. -… siamo chiusi dentro-.

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In quale luogo sono capitati i nostri sei ragazzi?
Chi era la persona che li ha intrappolati?
Ma, soprattutto,… come faranno ad uscire?
Scopritelo nel prossimo capitolo: “Trappola per topi”.

Elisa Battista

(ex 5 C, ormai studentessa universitaria)

ROMANZO A PUNTATE: THE LOST BONES – Capitolo 2 “La lettura non uccide… forse”

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Il fatidico giorno era arrivato. Sei ragazzi armati di stracci, spazzoloni e prodotti per la pulizia, erano davanti alla porta della misteriosa biblioteca insieme alla bidella. La vecchia signora infilò, con estrema calma, la chiave nella serratura, sbloccandola. Le porte vennero aperte, liberando la puzza di chiuso. -Accidenti! Ma quando è stata l’ultima volta che hanno aperto questa biblioteca?- esclamò Michael tappandosi il naso. Carla, la bidella, si voltò verso di lui. -Non si sa con certezza, questa parte della scuola non viene mai frequentata, quindi noi personale scolastico non la puliamo- puntualizzò. Fece dietro front e sparì dalla nostra vista. -Se ci spuntasse un fantasma, non mi stupirei- fece spallucce Olivia. -E’ più spaventoso il foruncolo sul mento del “personale scolastico”- fece le virgolette Giosuè imitando la voce della signora Carla. Scoppiammo tutti a ridere. -Dai gente, prima iniziamo e prima finiamo- esclamai fiera, alzando lo spazzolone al cielo. Mi avventurai nella misteriosa stanza. Quando la luce fu accesa, riuscii a scorgere la disposizione della biblioteca. Era enorme, con quattro scaffali, di cui due attaccati al muro e gli altri disposti al centro a formare tre corsie. Oltre gli scaffali vi era uno spazio più ampio con tavoli e sedie, mentre da sfondo vi era un’ultima libreria che correva lungo la parete della biblioteca. -Meglio dividerci ragazzi- proposi. -Io con Giosuè- saltellò Olivia contenta. In tutta risposta lui alzò gli occhi al cielo. -Io con Zoe- mi circondò il collo Hope. Capii il suo piano, lasciare soli Francesca e Michael. -Ohh… certo, certo. Io con Hope- le ammiccai. Francesca sgranò gli occhi . -Ciaoo- trascinai Hope con me.

Il corridoio era parecchio lungo. -Ci impiegheremo un’eternità- sbuffai. -Almeno Mik e Fra si daranno una svegliata- rise Hope. -Hai ragione- risi anche io. Alzai lo sguardo, gli scaffali erano abbastanza alti, ma per fortuna c’era una scala che raggiungeva tutti i piani. -Io penso alla parte alta e tu quella bassa, va bene Hope?-. Lei annuì. Portai con me lo straccio e lo spruzzino. Iniziai a salire. Passai il dito sul legno, ritrovandomelo, così, nero. Accidenti, Carla aveva regione, lì non ci entrava nessuno da decenni. La nostra scuola era anche molto antica, lo dimostravano i libri ormai ingialliti e impolverati. Mi rimboccai le maniche e iniziai.

Il lavoro procedeva bene, avevo pulito la maggior parte dello scaffale, ma un libro catturò la mia attenzione. Era diverso da tutti gli altri, non era impolverato e attorno non aveva regnatele, il che era alquanto strano. Lo estrassi dallo scaffale rivelandone il titolo: “Antichi edifici”. Ne sfogliai le pagine, incuriosita. Davanti a me si susseguirono immagini di diversi edifici, con le loro rispettive storie e piantine. Un foglietto volò fuori dal libro. -Non mi scappi- mi sporsi per prenderlo. Essendo io una persona con la testa perennemente fra le nuvole, mi dimenticai di essere su una scala a due metri d’altezza. Scivolai inesorabilmente verso il freddo pavimento. L’impatto fu abbastanza violento, ma riuscì a proteggere la spalla sinistra con la mano. Nonostante questo, il dolore la pervase e sbattei forte la testa. La mia vista iniziò ad offuscarsi. Hope urlò il mio nome. Buio.

Mi risvegliai. -Finalmente- sospirò sollevata Francesca che si voltò subito dopo. -Ragazzi Zoe si è svegliata- esclamò agli altri che accorsero. Mi misi seduta tenendomi la testa. -Come ti senti?- chiese Giosuè. -Un po’ meglio grazie- mugolai ancora intontita. -Ti sei quasi ammazzata per questo libro?-. Tutti noi ci girammo verso Olivia che teneva il manufatto in mano. Il fogliettino. Scesi dalla cattedra correndo in direzione della mia postazione. Per fortuna era caduto là vicino. Lo raccolsi per poi tornare dagli altri. -Mi sono quasi ammazzata per questo- sollevai l’oggetto incriminato, dopo di che lo aprii. -E’ la cartina stampata della nostra scuola- la appoggiai sul tavolo. -E che ci fa in una stanza che non viene aperta da secoli?- domandò Michael. Questa cartina era recente, si capiva dal programma utilizzato, la versione risale al 2017. -Mancano delle pagine, dalla 71 alla 74 per la precisione-. Olivia mise il libro al centro del tavolino, indicando lo strappo. -Questa stanza è più frequentata del previsto- guardai gli altri. -Qualcosa non va, dobbiamo scoprire cosa sta succedendo, siete con me?-. Risposero sì in coro. -Lasciamo la mappa in mezzo al libro, nel frattempo cerchiamone la copia, in modo da trovare le pagine mancanti, sono sicura che non siano state strappate per caso-. -Non sarebbe maeglio procurarci anche noi la mappa della nostra scuola?- suggerì Hope. -Hai ragione- ripiegai il foglio. -Profilo basso ragazzi, tra una settimana saremo di nuovo qui-.

Finimmo di sistemare le ultima cose. La bidella venne a recuperarci. Le porte della biblioteca vennero chiuse. Adesso eravamo solo sei ragazzi a cui stavano andando incontro ad una strada senza ritorno.

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Cosa scopriranno i ragazzi?
Perché la biblioteca è stata profanata?
Scopritelo nel prossimo capitolo: “Il labirinto delle pagine 72 e 73”.

Elisa Battista
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